Cresce l’attenzione per la riunione di venerdí 10 all’hotel Vergilius di Creazzo, raccomandiamo di registrasti via mail per garantirvi l’accesso

Alle ore 20:15 appuntamento per iscritti e simpatizzanti, assieme parleremo di politica e di come porci sulla questione della fiducia al governo al voto il14 dicembre. L’on. Conte si impegna a portare il nostro pensiero all’attenzione dei gruppi parlamentari di fli nel giorno del voto! Per partecipare scrivere a coord.provinciale@ generazioneitaliavicenza. It , posti limitati!

nella foto G.Mariniello - G.Aldighieri e G.Conte

Riuscitissima riunione di Generazione Italia a Vicenza venerdì 1 ottobre 2010. Di fronte ad un numerosissimo pubblico,attento e partecipe, e’ ripartita la stagione della politica sotto le insegne del movimento politico che fa riferimento al presidente della camera Gianfranco Fini.
Impeccabilmente organizzato dai giovani di Generazione Giovani di concerto con il coordinamento provinciale di Generazione Italia Vicenza l’incontro ha affrontati tutti i principali temi dell’agenda politica di oggi.
Giorgio Aldighieri, coordinatore provinciale del movimento, ha aperto la serata ricordando i motivi per cui e’ nata Generazione Italia e sottolineando la soddisfazione per il grande e crescente interesse che la stessa riscontra ad ogni nuovo appuntamento.
Profonda attenzione al territorio, ritorno al dialogo ed alla partecipazione popolare, politiche inclusive e rispettose delle diverse sensibilità sono stati cardini del discorso di Aldighieri.
Dopo aver ringraziato i ragazzi che stanno portando grande passione, idee e voglia di partecipazione al movimento, Aldighieri ha voluto presentare il neo vice coordinatore provinciale Dr. Francesco Campanile e la neo responsabile provinciale all’organizzazione Veronica Rigoni assieme al gruppo giovani di generazione Italia
“La partecipazione popolare non può essere considerata solo una fase utile delle campagne elettorali ma e’ la base su cui si fonda il nostro movimento, solidale, partecipato e sempre pronto all’ascolto del territorio.” ha concluso Aldighieri
L’on. Giorgio Conte, vice capogruppo di FLI alla Camera, e’ stato invitato per approfondire i temi nazionale e dare risposte alle molte domande nate attorno all’annunciata fondazione di un nuovo soggetto politico “siamo di centro destra e salvo che dopo averci cacciati dal Pdl lega e Pdl non si considerino autosufficienti il nostro cammino Politico sara’ coerentemente nel centrodestra anche in caso di elezioni, non saremo certo noi a strappare”
Lungo dibattito al quale l’on. Conte non ha voluto sottrarsi sino a tarda notte che ha toccato tutti gli argomenti di massima attualità , Vicenza é una delle province che per prima ha risposto alla nascita di GI e vuole essere protagonista attiva anche nel nuovo movimento ispirato alla linea politica di Gianfranco Fini.
Alla fine e’ intervenuto Gianmario Marinello responsabile di di Generazione Italia.it giunto “al volo” da Bologna che ha voluto sottolineare con la sua presenza la vicinanza di “Roma” a tutti i circoli ed il cui intervento ha trovato ampi consensi essendosi dimostrato un napoletano “filo nordista” “nessun alibi, il sud deve iniziare a produrre ricchezza ,diversamente l’Italia non potrà mai andare avanti” ha detto Marinello fugando ogni dubbio circa la possibile predominanza del sud nel neo nascente movimento, ben cinque tra deputati e senatori aderenti a FLI provengono dal Veneto, starà a noi del Nord Est muoverci nel territorio per dimostrare la nostra capacità di rappresentare la nostra terra” siamo federalisti ma affrontiamo la questione con gli occhi puntati ai conti ed a una doverosa solidarietà ed unità nazionale” ha aggiunto Aldighieri.
Prossimo appuntamento ufficiale a meta’ novembre per inaugurare altri circoli in fase di apertura, annunciato per l’occasione un altro big nazionale di Fli.

Atteso da molti ed ora annunciato il nuovo soggetto politico che fa riferimento al presidente Fini sta per nascere , a brevissimo tutte le novità, intanto Generazione Italia Vicenza e Generazione Giovani hanno indetto una riunione di dibattito ed informazione presso la sala di viale Crispi 142 (sopra supermercato) a Vicenza alle ore 21:00

ampio parcheggio interno chi fosse interessato é pregato di confermare a vicenza@generazioneitaliavicenza.it

FINI: BERLUSCONI-BOSSI AL COLLE PER DIMISSIONI? ANALFABETI COSTITUZIONE
 
(ASCA) – Roma, 7 set – ”Tanto rumore per nulla”. Commenta cosi’ il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervistato da Enrico Mentana al tg La7, sull’ipotesi che il premier Silvio Berlusconi e il leader della Lega Umberto Bossi salgano al Colle per chiedere le sue dimissioni. ”Non saliranno al Quirinale altrimenti dimostrerebbero di essere analfabeti dal punto di vista costituzionale. Nessuno ha il potere di chiedere le dimissioni del presidente della Camera”, spiega Fini, che aggiunge: ”Non sono proprietari dalle Istituzioni. Sarebbe grave se il Premier dicesse: ti abbiamo eletto, adesso fai come diciamo noi. Sarebbe una concezione proprietaria delle Istituzioni. La camera non e’ una depandance del premier.

Fuori da camera nessuno mi neghera’ diritto di dire come la penso”.

”Berlusconi e Bossi – spiega Fini – saliranno al Colle per parlare della situazione politica. Un atto, direi, dovuto”. Il presidente della Camera dichiara poi di non aver mai pensato di lasciare il suo ruolo, certo di non essere mai venuto meno ai doveri e obblighi istituzionali. ”Non e’ vietato fare politica. Il ruolo di presidente della Camere nelle ultime due legislature e’ stato ricoperto da leader politici come Casini e Bertinotti. Io – conclude – come presidente non rappresento la maggioranza”.

jan/mcc/bra

Gianfranco Fini arriva al palco di Mirabello (Fe)

Il Pdl non c’è più. E adesso bisogna lavorare per il bene del paese Avanti con Futuro e libertà di Gianfranco Fini* Care amiche e cari amici di Mirabello, ogni volta che ho avuto modo di prendere la parola in questo piccolo paese che mi è caro per tante ragioni, ogni volta, ho sempre provato una certa emozione. Per ragioni note, perché qui affondano le radici di una parte della mia famiglia, perché qui anni fa un uomo certamente capace di guardare avanti, indicò al suo popolo la necessità di un salto di generazione. E credo che la presenza qui di un uomo come Mirko Tremaglia sia la più bella dimostrazione di quella idea e continuità. Mirabello come luogo – per tanti di noi – delle emozioni, che nel corso del tempo, dall’Msi ad An, si sono rinnovate. Qui la destra italiana ha vissuto dei momenti importanti. Qui, con Pinuccio Tatarella, annunciammo An. Qui, preconizzammo quell’ulteriore svolta che portò al Pdl. Ma, tutte le volte, credetemi, l’emozione è quella di ieri. Ma credo che mai nel mio cuore ci sia stata un’emozione forte come quella che provo ora. Questa festa del 2010, appuntamento rilevante per l’intera politica italiana, non solo per il Pdl. Mirabello è per un giorno la capitale della politica italiana. E credo, caro Vittorio Lodi, che questo sia il regalo più bello che ti possiamo fare: un appuntamento per la politica nazionale. Un ringraziamento sincero a Vittorio, a tutti gli uomini e le donne che ci hanno raggiunto da tutto il paese. È la dimostrazione di un popolo che è qui perché non precettato, ma sente il profondo desiderio di partecipare, di ritrovare l’impegno politico, all’insegna di alcuni valori. Un popolo di uomini e donne che si ritrova. Spero che questa piazza che mi dà forza, e vi ringrazio, in questa fase di difficoltà possa esser l’occasione da parte mia per dare un contributo di chiarezza su quello che è accaduto e su quello che accadrà. Che cosa è accaduto in questo periodo estivo? Non lo si capisce se non si va indietro al 29 luglio. Quando l’ufficio politico del Pdl, dopo una riunione durata un paio d’ore, in mia assenza, mi ha di fatto estromesso dal partito, che io ho contribuito a fondare in rappresentanza della destra italiana. Al termine di questa riunione è stato approvato un documento in cui è scritto che la nostra linea politica era un continuo stillicidio, spesso in sintonia con l’opposizione e i temi della sinistra, e partecipe – questa fa ridere – con l’azione delle procure. Per cui Fini non sarebbe stato coerente con i principi del Pdl. E quindi, per fare chiarezza non c’è stata alcuna fuoriuscita, nessun tipo di scissione, nessun atteggiamento teso a demolire. Di fatto, un atto profondamente illiberale che nulla ha a che spartire con il pluralismo proprio di un partito liberale. Un atto, non ho difficoltà a dirlo, che forse è stato ispirato da quel libro nero del comunismo che ci fu regalato al congresso di An, un atto in perfetto stile stalinista. Quel documento fu una brutale aggressione al dissenso, teso ad annullare ogni tipo di diversità. E allora ragioniamo, chiediamoci. In quello che è stato definito “partito dell’amore” è possibile fare delle critiche? Da parte mia ci sono state, abbiamo fatto anche proposte. È possibile dire, ad esempio, che a fronte di un governo che per certi aspetti ha ben fatto contro la crisi, forse si potevano modulare in modo diverso quei tagli lineari alla spesa che hanno determinato due clamorose proteste. Mi ha ferito, ad esempio, quando a Venezia ho visto le forze di polizia manifestare il proprio dissenso. Credo che meriti rispetto ogni dirigente, ogni cittadino colpito da quei tagli che non andavano fatti, e penso anche ai tagli ai fondi alla scuola, causa della protesta dei precari che ancora non sanno se fra qualche giorno avranno la cattedra. Non è una critica demolitoria. Allora, è lecito avanzare critiche, esprimere dubbi? Come quelli nei confronti del federalismo fiscale, non in sé ma per come viene attuato. Il federalismo fiscale è una grande occasione per l’Italia, certo, ma in alcuni momenti è apparso che così non fosse. Lo so che sono prospettive non condivise da tutti. Ma io le ho avanzate consapevolmente. Per esempio, quando si parla di lotta all’immigrazione clandestina si deve parlare anche di integrazione dell’immigrato onesto. E ancora, il garantismo è un principio sacrosanto, ma mai e poi mai può essere considerato una sorta di impunità permanente: garanzia dell’imputato, certo, ma i processi si devono svolgere. Tutto questo è eresia, è disfattismo? È stillicidio polemico ribadire che la magistratura è un caposaldo della democrazia? Non si può a causa di qualche mela marcia contestare quello che rimane un presidio della nostra Repubblica. È uno stillicidio dire che noi siamo un grande partito nazionale, e che proprio perché deve avere a cuore tutti, da Vipiteno a Lampedusa, non può appiattirsi su un alleato come la Lega che ha dimensione locale? Perché accontentare un migliaio di produttori di latte che sforavano le loro quote solo per compiacere Bossi a scapito di tanti agricoltori onesti? Il Pdl doveva essere un grande partito nazionale, un grande partito occidentale. Con valori di riferimento precisi: libertà, rispetto e dignità della persona umana. E se non fossi stato espulso dal Pdl avrei detto quello che dico adesso: quello di Gheddafi a Roma, un personaggio che non ha nulla da insegnarci, è stato uno spettacolo indecoroso. Da ex ministro degli Esteri conosco le ragioni della realpolitik, posso anche arrivare a dire che ci possa essere una quota di realpolitik in una logica di interessi nazionali. Ma questo non può portare a una sorta di genuflessione. E allora, continuando, è possibile dire all’interno del Pdl, come ho detto in passato, che c’è un preciso dovere per chi ha responsabilità istituzionali, quello di rispettare le altre istituzioni? Quando il premier chiede che gli venga riconosciuto il rispetto dovuto, lui deve riconoscerlo agli altri, in primis al capo dello Stato che rappresenta la Costituzione. E si deve rispettare il Parlamento, che non è una dependance dell’esecutivo. E non lo dico da presidente della Camera, ma perché devono essere equilibrati i poteri. È stillicidio dire che governare è una nobile e ardua impresa ma non può mai significare comandare? Sì, perché governare significa comprendere le ragioni di tutti e garantire equilibrio. E sempre per essere chiari: era stillicidio, provocazione, boicottaggio, ribadire che il Pdl doveva essere la garanzia di portare a termine grandi riforme economiche e istituzionali? È vero, la crisi è stata un ostacolo. Ma perché non si parla più di una grande riforma per far nascere l’alba di una nuova repubblica? Non avevamo concepito il Pdl per mantenere l’esistente, ma come forza di vero e autentico cambiamento. E, ancora, è stata dimostrazione di preconcetta ostilità ribadire che in questa fase di crisi – in cui è ancora più indispensabile l’impegno per una politica con più attenzione al sociale – promuovere la rivoluzione del merito che deve diventare non un impegno elettorale, ma un atto politico conseguito giorno per giorno per privilegiare chi è più capace. E ritengo di avere diritto di porre alla mia comunità politica anche quesiti scomodi e questo non credo meriti il gesto infastidito di chi li dice incompatibili con l’atteggiamento politico. Il presidente del Consiglio, lo dico senza ironia, ha tanti meriti, ma anche qualche difetto: innanzitutto quello di non capire che in una democrazia non può esserci eresia. Gli siamo tutti grati per quello che ha fatto nel ’94, per aver battuto la cosiddetta macchina da guerra, ma la gratitudine non implica che non possa esistere il confronto, che i distinguo debbano essere accusati di lesa maestà: perché non siamo un popolo di sudditi. Io gli ho contestato la sua attitudine a confondere la leadership con quello che è l’atteggiamento di un proprietario di azienda. Proprio perché il Pdl ha aperto orizzonti di grandi speranze, non può essere derubricato a contorno del leader, ma deve essere una fucina di idee, un polmone che respira e dà ossigeno all’intera nazione. Rivendicare la possibilità di esprimere opinioni non è boicottaggio ma democrazia interna, fisiologia di un partito di massa, non teatrino della politica. È possibile che la sola volta in cui si sia riunita la direzione del Pdl abbia segnato il momento di avvio del processo che ha portato al 29 di luglio? Giorno che considero lesivo non della mia persona, ma di un grande partito che è il Pdl e si fonda sulla democrazia. Continuare in questa dialettica interna non significa tradire gli elettori perché ci sono tanti, tanti elettori del Pdl autenticamente moderati che non si accontentano dell’affermazione “siamo il partito dei moderati”. Ci sono per davvero tanti elettori del Pdl convinti che la ragione prima della politica sia garantire l’interesse generale, della polis, l’interesse nazionale, non l’interesse di una parte. C’è gente che non capisce perché il Pdl anziché lavorare per unire, lavori per dividere, per alzare gli steccati, per determinare scontri. Ecco il Pdl autenticamente nazionale. Certo, questi elettori del Pdl sono in molti casi donne e uomini che hanno votato Alleanza nazionale, ma non solo. Sono elettrici ed elettori di altre tradizioni politiche. E ne abbiamo avuto la riprova dopo l’espulsione, quando si sono costituiti i gruppi di Futuro e libertà. Si sono uniti uomini e donne che non avevano avuto niente a che fare con quella tradizione politica. Il ringraziamento che voglio fare è a quei parlamentari che non erano mai stati a Mirabello. Fli non è An in sedicesimo. Chi lo pensa non ha capito assolutamente nulla. Qui c’è il tentativo difficile ma doveroso di non disperdere quel sogno. Dobbiamo dare risposte alle tante donne e ai tanti uomini che nemmeno leggono più le pagine della politica, che nutrono fastidio per telegiornali e giornali che sembrano essere fotocopie. Nel Paese sta crescendo il distacco nei confronti della politica. Fli, come punto di riferimento di tanti elettori che nelle ultime elezioni magari si sono astenuti o che nelle prossime amministrative, senza un’alternativa, si asterrebbero. Sono elettori che ci dicono di andare avanti, di cercare di difendere non solo le nostre buone ragioni ma i principi originari, più autentici del Pdl, che ci chiedono di dar vita a una buona politica, che è l’unico antidoto alla sfiducia crescente nelle istituzioni. Quando tante persone perdono fiducia nella politica è la vigilia di momenti che possono essere più problematici. Il Pdl, come lo avevamo concepito e voluto, è finito il 29 luglio perché è venuta meno la volontà di dar vita a quel confronto di idee che è il sale della democrazia. Il Pdl non c’è più, ora c’è il partito del predellino. Per certi aspetti il Pdl è Forza Italia che si è allargata con qualche colonnello o capitano che ha soltanto cambiato generale e magari è pronto a cambiarlo ancora. E il fatto che il Pdl non c’è più è la ragione per la quale è facile rispondere alla domanda: cosa accadrà? Ed è molto più facile rispondere se si ragiona, piuttosto che se ci si fa prendere dai desideri o dalle paure. Fli non può rientrare in ciò che non c’è più, non accadrà. Non si entra in ciò che non c’è più, si va avanti con le nostre idee, con il nostro impegno, con la nostra elaborazione politica. Non ci ritiriamo in convento né erriamo raminghi in attesa del perdono. I gruppi parlamentari non possono essere trattati – Berlusconi è un uomo di spirito e non se la prenderà – come se fossero dei clienti della Standa, che se cambiano il supermercato dove fino a quel momento si sono serviti ottengono poi il premio di fedeltà. I parlamentari che stanno con noi hanno voglia di far politica, di parlare con la gente. Si va avanti con le nostre idee, con le nostre proposte, si va avanti senza farci intimidire da quello che è stato definito il “metodo Boffo”, messo in campo nell’ultimo mese da alcuni giornali che dovrebbero essere il biglietto da visita del cosiddetto partito dell’amore. E se questo è l’andazzo, immaginate se non erano amorevoli cosa poteva succedere. Non ci facciamo intimidire perché di intimidazioni ne abbiamo vissute ben altre, in anni in cui i pericoli per la destra erano ben altri. Non ci facciamo intimidire da campagne paranoiche e patetiche. Paranoiche perché indecenti, e patetiche perché non si rendono conto del disprezzo che gli sta montando attorno. Noi attendiamo fiduciosi i riscontri della magistratura, che dirà e stabilirà i responsabili di tanta volgarità, di tante menzogne e falsità. Altro che valori della libertà. È stato un atteggiamento infame, non perché rivolto alla mia persona, ma alla mia famiglia, ed è tipico degli infami. Si va avanti e lo si fa per tenere fede allo spirito delle origini, si va avanti per non tradire lo spirito del Pdl, si va avanti per evitare che il governo commetta altri errori, si va avanti – e se lo tolgono dalla testa – senza cambi di campo, senza ribaltoni e ribaltini, perché da questo punto di vista le polemiche sono indice dello scarso livello del comprendere. Si va avanti convinti, come siamo, della necessità di portare a termine il patto scritto con gli elettori, senza dimenticare parte del programma, senza inventare altre cose che poi diventano, a comando, emergenze. Si va avanti anche quando il presidente del Consiglio presenterà il patto dei cinque punti – la riforma della giustizia, il Mezzogiorno, il federalismo, il fisco e la sicurezza – è di tutta evidenza che i nostri capigruppo parleranno chiaro e forte e parleranno senza distinzioni tra falchi e colombe, perché a noi non interessa l’ornitologia. E i parlamentari di Futuro e libertà, se vogliono ridare dignità e spirito di attuazione a quello che era il progetto del Pdl, possono opporsi ai capisaldi del programma? E allora sosterremo da donne e uomini liberi questo programma. Ma credo che non possa essere negato, a noi come a nessun deputato o senatore della maggioranza, di chiedere come si declineranno questi obiettivi del programma. Con spirito costruttivo chiederemo come si vuole dare vita a questo programma. Fli non rema contro, ma rappresenta l’azione politica di chi vuol far camminare veloce il governo in modo proficuo ristabilendo anche un buon rapporto con la pubblica opinione (perché c’è qualche segnale di stanchezza, amici miei, sondaggi o non sondaggi). Cercheremo di dare vita a un patto di legislatura, dunque, per riempire di fatti concreti gli anni che ci separano da quando andremo a votare. È un “interesse nazionale”, e per questo riteniamo che sia avventurismo politico minacciare un giorno sì e l’altro pure le elezioni, magari per intimidirci e magari per regolare i conti con qualcuno. Governare è fatica, confidiamo nel senso di responsabilità di tutti, nessuno escluso. Perché il fallimento di questa legislatura sarebbe un fallimento per tutti: per me, per Fli, per Berlusconi. E credo che ne sia cosciente, Berlusconi. Perché al di là di tante espressioni polemiche, quando si ottiene una fiducia talmente ampia e si ottiene una maggioranza parlamentare come mai era capitato nella storia della Repubblica, la prima cosa da fare non è mettere alla porta il dissenso o chi magari è antipatico, ma governare. Siamo certi che un patto di legislatura posa garantire la legislatura. E credo che ne siano consapevoli anche Bossi e la Lega. Bossi capisce gli umori della gente, è un leader popolare. Abbiamo polemizzato spesso, è vero. Solo chi non conosce la storia, oltre che la geografia può pensare che la Padania esista per davvero! Bossi ha capito che quella bandiera che ha alzato per primo anni fa, anche raccogliendo l’ironia e lo scetticismo di molti, il federalismo, può essere una bandiera da alzare, che determinerebbe il compimento di quella missione storica che Bossi ha dato al suo movimento. Ma il federalismo è possibile solo se è nell’interesse di tutta l’Italia. Bossi è uomo concreto, sa che il nord ha bisogno del federalismo a condizione che sia nel nome dell’interesse generale. E potrei tranquillamente dire che nella commissione bicamerale con trenta componenti per il federalismo fiscale, il nostro senatore Baldassarri è determinante. Allora, discutiamo assieme a Lega e a Forza Italia allargata di che significa federalismo equo e solidale. È una grande questione che non si riduce al rapporto tra Calderoli e Tremonti. Si può realizzare a patto che si stabiliscano i costi standard. Il Meridione ha tutto da guadagnare da una riforma in senso federalistico, nella quale è indispensabile valutare i costi standard nelle regioni, perchè nessuno può obiettare il fatto che i costi in Emilia Romagna non sono la stessa cosa di quelli in Calabria. Nessuno difende la spesa storica, quella in base alla quale le amministrazioni si vedevano pagare le loro spese a pié di lista, ma la definizione dei parametri di spesa non può non essere discussa, come si deve discutere dei tempi del federalismo o di cosa voglia dire fondo perequativo. Tanto più che, con questa riforma dobbiamo essere all’altezza di una ricorrenza, quella della celebrazione dei 150 anni di unità italiana, che non deve essere solo ricostruzione dei tempi storici, ma occasione per una riforma nazionale, che non lasci indietro alcune regioni, che non sia espressione di egoismo di parte ai danni di tutti. L’Italia una e indivisibile è non solo interesse del Sud, ma anche del Nord. E basta vedere cosa accade fuori dalla nostra nazione per occorgersi che se la crisi della Grecia fa tremare la Germania, la Padania non può certo sopravvivere alla crisi di un solo paese europeo o che si affaccia nel Mediterraneo. L’Italia ha il dovere di confermare la sua unità e di mettersi in competizione con gli altri paesi. Ha il dovere di fondare un nuovo patto di legislatura, che non sia più un tavolo a due gambe, né un accordo gestito con quiescenza. Ma che fine ha fatto nel programma quel punto con il quale si pigliavano gli applausi relativo all’abolizione delle province? Che fine ha fatto quel punto del programma che prevedeva la privatizzazione delle municipalizzate? È stato sufficiente capire che in alcune aree diventavano i tesoretti di un partito per allineare la Lega alla sinistra italiana. Il nuovo patto di legislatura non è più soltanto tra Berlusconi e Bossi, ma nell’interesse di tutti, della Lega ma anche di Silvio Berlusconi. Sono convinto che nel suo realismo e pragmatismo metterà da parte l’ostracismo, anche perché non ci fermiamo. È inutile che dicano “facciano quello che vogliono”, perché lo faremo. Non servono a nulla gli ultimatum anche perché non ci spaventano. Silvio Berlusconi ha il sacrosantodiritto di governare, perché è stato scelto in modo inequivocabile dagli elettori e non ho alcuna difficoltà a dire che pensare a scorciatoie giudiziarie per toglierlo di mezzo, rappresenterebbero un tradimento del volere democratico. Nessuno è contrario al lodo Alfano o al legittimo impedimento. Siamo convintissimi che occorra risolvere la questione relativa al diritto che Berlusconi ha di governare senza che vi sia l’interferenza di segmenti iperpoliticizzati della magistratura che vogliono metterlo in fuorigioco. Affidare al dottor Stranamore – che è l’onorevole Ghedini – è incomprensibile. La soluzione non si trova mai e il problema si acuisce. Non va fatta una legge ad personam che danneggi parte della società, ma una legge a tutela del capo del governo, del capo dello Stato che esiste in molti paesi d’Europa. Il che non vuol dire impunità, non vuol dire cancellare i processi, ma la sospensione degli stessi. E dobbiamo farlo cercando di avere in mente che alcune riforme sono giuste: come si fa a essere contrari al processo breve? Si deve lavorare per quello e dobbiamo ricordare a proposito che l’Ue ci ha condannati più volte per l’eccessiva durata, occorrono anni per sapere come va a finire. Ma la cosa che non è accettabile è che una volta che il testo che è arrivato dal Senato si stravolga con il rischio che nel momento in cui tante vittime aspettano di sapere il destino del processo li si lasci poi con un pugno di mosche in mano. La riforma va fatta per garantire i cittadini. La riforma della giustizia non può essere fatta contro la magistratura, che certamente non ha il compiuto di interferire con il parlamento. E allora discutiamo in parlamento, di come garantire a Berlusconi il diritto di governare, discutiamo anche con le parti più responsabili dell’opposizione: una dimostrazione su questo punto l’ha data Casini. Discutiamone anche delle proposte che derivano dall’opposizione, senza che i solerti consiglieri del principe hanno subito stracciato, come quella dell’avvocato Pecorella. Facciamo la riforma della giustizia senza per questo determinare però un perenne cortocircuito tra il potere politico e la magistratura. È un impegno gravoso, difficile, che comunque dobbiamo portare avanti. Se la sovranità appartiene al popolo, la sovranità si esprime i tanti modi. Qui vogliamo rilanciare una proposta: una di quelle per le quali dicono “Fini dice cose che lo avvicinano alla sinistra”: la sovranità popolare significa anche che la gente ha il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Se la sovranità è popolare credo che la gente abbia il diritto di scegliere anche questo. Federalismo e giustizia: sono grandi questioni, ma non posso:no essere i soli temi del dibattito. Perché l’attenzione degli italiani non è rivolta solo per la giustizia: oggi tanti italiani sono preoccupati per le condizioni economiche. Gli italiani nel nord come nel sud sono preoccupati per le condizioni economiche e sociali, per il lavoro: non è propaganda, né demagogia, né “fare il verso” all’opposizione. Sono i problemi delle famiglie. Fli deve fare tutto per affiancare ai due temi del federalismo e della giustizia gli altri temi che davvero interessano i cittadini. Teniamo presente quello che hanno detto il capo dello stato, le imprese, i lavoratori. Possibile che nei 5 punti non ci sia nulla per far ripartire l’economia e renderla competitiva? C’è un Italia preoccupata. E Berlusconi ha ragione quando parla di ottimismo, ma non può essere ottimismo solo verbale, deve diventare azione concreta. Perché, fermata la crisi (e il nostro governo ha operato bene in questo senso), oggi dobbiamo far ripartire l’economia. Non possiamo accontentarci che le entrate siano garanzia dell’economia. Serve il coraggio politico di ridare vita a quelle riforme che erano nel programma originale del Pdl e di cui non sento parlare: per esempio, il superamento dei due miti fasulli del novecento, la lotta di classe e il mercatismo. È arrivato il tempo di dare vita a una sintesi, a nuovo patto tra capitale e lavoro: significa mettere i produttori di ricchezza dalla stessa parte della barricata. Una proposta che feci in occasione di quella direzione nazionale e che è caduta nel nulla, è una riforma del mondo del lavoro. Serve una politica che comprenda le esigenze del nostro mondo produttivo. I piccoli imprenditori lo sanno meglio di tutti. È importante ricordare che il tessuto produttivo è diverso da altri paesi, si basa su imprese medio piccole. Si tagli il superfluo, ma non si lesini in infrastrutture, in ricerca, in produzione di eccellenze di avanguardia. Viviamo in una fase in cui i giacimenti culturali valgono più – nella globalizzazione – dei giacimenti petroliferi. Dobbiamo investire, anche se è evidente che la coperta è corta. Sarebbe facile dire “il governo tiri fuori le risorse”. Ma dobbiamo passare dallo scontentare tutti a dire che c’è un settore su cui si deve investire, ed è il settore connesso a ciò che può dare competitività al nostro sistema produttivo. Soprattutto per le nostre imprese che esportano: non basta pensare alla delocalizzazione delle imprese, ma bisogna attrarre capitale e mettere chi vuole nelle condizioni di aprire un’impesa. Vuol dire dare attuazione ai punti qualificanti del programa del Pdl. Non voglio affondare il coltello nel burro ma nonostante il ghe pensi mi, vi sembra possibile che ancora non si conosca il nome ministro allo Sviluppo economico, in quale altro paese sarebbe possibile? È chiaro che deve essere un ministro capace di ragionare e lavorare con il ministro dell’Economia. Ed è chiaro che serve una politica capace di liberalizzazioni, una politica che riesca a dare vita al patto generazionale. Perché credo ci sia un altro grande campo in cui un governo di centrodestra che ha a cuore il governo nazionale non deve risparmiarsi: è il contesto giovanile, infatti non esiste genitore degno di questo nome che non sia disposto a fare un sacrificio personale per il futuro dei propri figli. La questione giovanile è centrale, e mi piange il cuore che tra i giovani ci sia un disoccupato su quattro. C’è chi contrabbanda la flessibilità, che è invece necessaria per l’economia e per le imprese, con la precarietà permanente: dimenticano che in Germania ci sono sì molti contratti a tempo determinato, però lì le buste paga non sono certo leggere come da noi, ma spesso più corpose di quelle dei contratti a tempo indeterminato. E dobbiamo renderci conto che il patto generazionele è importante come quello tra Nord e Sud se abbiamo a cuore il governo nazionale. Perché non è giusto che serva l’aiuto del nonno per far vivere più sereno il nipote: si è completamente ribaltato il mondo, prima spesso era grazie al lavoro del nipote che si sosteneva il nonno. Poniamoceli questi problemi. Chiediamo ai ragazzi un impegno e quando dico andiamo avanti e non ci fermiamo, lo dico anche perché in queste settimane abbiamo visto come siano i più giovani a dirci “provateci, non vi fermate, siamo con voi”. Credo che sia estremamente bello vedere anche qui questa sera tante ragazze e tanti ragazzi che vogliono ancora credere in una politica capace di costruire il loro futuro. Il futuro della libertà. E la prima libertà è metterli nella condizione di far vedere ciò di cui sono capaci. Che fine ha fatto la rivoluzione meritocratica. Preoccupiamoci delle condizioni sociali. Credo che debba destare preoccupazioni in tutti leggere che nell’ambito della cosiddetta spesa sociale il nostro paese è uno degli ultimi paesi in Europa. Perché andrà avanti Futuro e libertà, perché sono servite le fondazioni che hanno riempito un vuoto? È doveroso chiedersi visto che la società è profondamente cambiata, la spesa sociale deve essere rivolta verso quelle categorie tradizionalmente più deboli o non è il momento di investire su quella famiglia che rimane il luogo in cui da sempre si dà vita alla trasmissione di valori, si crea la condizione per la quale ci si sente figli di una comunità? Un welfare delle opportunità per i giovani, basato sulle esigenze della famiglia, soprattutto quella monoreddito. Oggi il centrodestra deve saper tradurre in realtà ciò che era stato inserito nel programma di governo. Intervenire con con politiche a sostegno delle famiglie, vuol dire anche che se nei cinque punti c’è la riduzione del carico fiscale non possiamo annunciarlo e basta ma si deve assume l’onore di fare delle proposte. E noi queste le abbiamo fatte: interveniamo ad esempio sul cosiddetto quoziente famigliare, che faccia si che chi ha a casa più figli o un disabile abbia poi un carico fiscale diverso dagli altri. Ed è necessario che di tutto ciò ne parliamo in parlamento, e mi fa piacere che lo abbia fatto ad esempio il ministro Tremonti. E facciamolo cercando di coinvolgere anche le opposizioni, se hanno delle idee, per capire anche se il concetto di interesse nazionale ha fatto breccia anche da quelle parti. Una maggiore giustizia sociale fa cuore a tutti, un governo grande sa prendere la buona idea anche se viene dall’opposizione. Prendiamo a raccolta questa Italia che lavora. L’Italia che lavora, che poi equivale all’Italia onesta, che quando sente parlare di etica del dovere non ha l’atteggiamento di chi alza le spalle e dice “è ragnatela del passato”. È l’etica che il padre insegna al figlio, e la politica deve sentire il dovere di praticarla. Assieme al senso civico. Basta con questo egoismo diffuso, basta con questa Italia parcellizzata, che non si interressa del vicino… Il senso civico, il senso di appartenenza. Basta con questo egoismo diffuso, con questa Italia parcellizzata che non si fa più carico del disagio del vicino. Una politica nazionale non ha timore di parlare di legge come garanzia per il più debole. Perché da che mondo a mondo se si dice che “la legge è uguale per tutti”, perché la garanzia serve ai più deboli, non ai più potenti, a chi riesce a piegarla ai suoi interessi. Questoè il centrodestra. Se crediamo in queste cose, non stanchiamoci di ringraziare chi fa il suo dovere per lo stato: è gratitudine, è senso civico. Essere servitori dello stato, nell’Italia che sogniamo, deve essere motivo d’onore non si può dire che “sono poveretti che non sanno che altro fare e allora decidono di entrare nei carabinieri”: significa servire il nostro popolo, la nostra patria. E ancora più convinti di prima, portiamo avanti la lotta contro ogni forma di criminalità, compresa quella dei colletti bianchi, dei furbetti del quartierino, di chi pensa che il garantismo è impunità. Contnuiamo la lotta per la legalità, rilanciamo ildecreto anticorruzione: cosa costa rimetterlo al centro dell’attenzione del Parlamento? Discutiamo sull’opportunità di stabilire un codice etico per chi ha cariche pubbliche. Stabilendo ciò che è legale e ciò che no, ma anche ciò che è opportuno e ciò che è no. Su questi temi e su altri, lavoriamo per unire non per dividere. Su queste questioni cerchiamo di dare vita a una politica che segni un salto di qualità. Gli italiani sono stanchi di questa perenne campagna elettorale che non finisce mai, di questo trionfo della propaganda, di questa ordalia quotidiana. Fli guarda a un futuro per unire, siamo convinti che su queste questioni, con un azione politica che parta dal centrodestra si possano ritrovare anche altri. Gli italiani sono stanchi di muri e di risse, smettiamola con gli insulti, con gli appelli che cadono nel vuoto. Diamo vita a una politica che sia capace di uno scatto di orgoglio, di uno scatto di reni, in nome di ciò che è giusto, non di ciò che è utile. Sapete, in molti mi hanno detto: “Chi te lo fa fare? Ma aspetta, sei più giovane!”. Ma io credo che se vogliamo ridare all’Italia quella passione che merita, allora basta con l’utilitarismo, con la logica del meglio domani che oggi… Basta con l’utilitarismo, basta con il calcolo del farmacista, basta con il meglio attendere domani. Bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo, bisogna dare un senso alla politica e bisogna farlo nel nome delle nostre idee e della nostra concezione politica. Ricordando quello che avevamo nel cuore a 18-20 anni, quando nessuno di noi pensava all’ingresso in Parlamento o a cariche istituzionali e nessuno era mosso dall’utilitarismo, né c’era qualcuno che diceva «aspetta non ti conviene, sai è permaloso». Tenendo bene a mente, come ci piaceva dire da giovani, che se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee o non valgono niente le sue idee o non vale niente lui come uomo. Allora, in nome di un centrodestra autenticamente liberale, nazionale, riformatore, sociale, europeo, avanti con Futuro e libertà per l’Italia! Testo integrale del discorso pronunciato in occasione della Festa tricolore, Mirabello, 5 settembre 2010

Il coordinamento provinciale di Generazione Italia Vicenza ha con soddisfazione portati oltre 150 aderenti provenienti da tutta la provincia a Mirabello (Fe) per ascoltare l’atteso discorso del Presidente Gianfranco Fini.
Oltre al pullman organizzato dal coordinamento per rendere più agevole il viaggio a quanti lo desideravano moltissimi hanno raggiunto Mirabello con i propri mezzi e si sono assiepati attorno al palco rimanendo in piedi per ore ad attendere l’arrivo del presidente Fini.

Grande soddisfazione é stata espressa dal coordinatore provinciale Giorgio Aldighieri

per “la grande partecipazione vicentina e la chiarezza delle parole del Presidente Fini che certamente non piaceranno a molti proprio perché sin troppo chiare.” ” La strada indicata da Fini é quella della dignità e dell’identità, noi proseguiremo non contro qualcuno ma per il futuro del nostro Paese”

Sul federalismo ed il partito del sud ” E’ evidente che la massiccia quanto invidiabile attività nei territori del nord da parte della Lega rende più lento il radicamento di altre forze politiche rispetto al sud dove storicamente la destra é forza trainante ma i segnali più che positivi che giungono dalla nostra gente ci convincono della correttezza degli argomenti portati da Fini, chi sostiene che siamo contro il federalismo o non ha capito nulla oppure é in malafede, una cosa é sostenere che il nord debba separarsi dal resto del Paese, altra cosa, che noi condividiamo e sosteniamo, é la necessità di creare uno stato federalista in cui ognuno contribuisca equamente e parimente alle altre ragioni alla crescita del Paese, equilibrio nella gestione e costi certi e coerenti per tutti”.
“Riscontriamo con orgoglio che proprio Vicenza con i suoi numerosissimi iscritti ed i suoi circoli di Generazione Italia  e forse in virtù anche della presenza di uno dei parlamentari ai vertici di Futuro e Libertà che da sempre gode di significativo sostegno territoriale , si candida sempre più ad essere traino nel nord est per Futuro e Libertà , moltissimi giovani ci hanno seguiti a Mirabello ed a brevissimo inaugureremo nuovi circoli tra i quali l’attesissimo GENERAZIONE GIOVANI, luoghi d’incontro e non di scontro che nascono per portare avanti una politica sana e costruttiva, pronti a dialogare con chiunque se ne renda disponibile ma , come bene ha chiarito Gianfranco Fini ,ineluttabilmente collocati a centro destra.”

il Coordinamento Provinciale di Generazione Italia – Vicenza ha organizzato un pullman per raggiungere Mirabello (FE) in occasione della giornata conclusiva (domenica 5 settembre) della festa di Futuro e Libertà, con il comizio del Presidente della Camera On. Gianfranco Fini.

La partenza è fissata per le ore 13.00, con ritrovo di fronte all’Associazione Artigiani in via Fermi a Vicenza (zona comoda da raggiungere e con ottimo parcheggio). Si raggiungerà Mirabello verso le 15.00, per partecipare anche all’incontro di “Generazione Giovani”. Alle 18.00 è previsto il comizio conclusivo del Presidente Fini.
Rientro a Vicenza verso le 22.
Ci sono ancora alcuni post liberi. Vi invito a fare riferimento unicamente all’indirizzo coord.provinciale@generazioneitaliavicenza.it al fine di permettere  una agevole e immediata gestione delle adesioni.

Ci vediamo domenica 5 Settembre per un pomeriggio all’insegna della Politica vera

Generazione Italia , rigenerare l’Italia, dare nuova forza nuovi stimoli nuovi ma “antichi” valori.

Anche nel vicentino abbiamo iniziato l’avventura, aperto circoli, raccolte iscrizioni, tante, molte più di quelle che ci potevamo aspettare anche alla luce di una partenza in sordina, per non disturbare una politica che già di suo appare anche troppo disturbata oggi.
Le adesioni sono arrivate spontanee, tramite un passaparola vivo ed entusiasta, ecco forse l’aspetto più sorprendente di questa esperienza é l’entusiasmo che si muove attorno a noi, attorno a questo progetto tutto sommato semplice e forse proprio per questo efficace e così capace di attrarre. Siamo un luogo d’incontro, parliamo di politica del quotidiano, cerchiamo di andare alla radice dei problemi senza fermarci agli aspetti esteriori che invadono giornali e televisioni dimenticando troppo spesso ciò che davvero conta : la persona, inteso come essere umano , come centro della società e tutto ciò che a lui/lei è connesso, diritti si ma anche doveri troppe volte dimenticati, appartenenza ad una comunità umana e figlio di una storia importante che non può essere derubricata a “materia di studi liceali” ma che può essere fondamenta di un nuovo sentire il proprio Paese come unico nelle diversità, unito non per legge ma per senso di appartenenza, pur nel legittimo orgoglio locale e nell’oramai  necessario federalismo, federalismo virtuoso e solidale però.
Molti di noi sono nel PDL convinti che il progetto iniziale fosse la soluzione a molti problemi del Paese, la stragrande maggioranza di noi nel PDL non è mai entrata, forse perché il PDL non ha mai spinto sull’ acceleratore delle adesioni o forse perché sin da subito sono saliti in plancia di comando  i soliti noti, nessuno spazio per il “nuovo che avanza” a parole ma che viene sistematicamente relegato in soffitta quando appare sull’uscio, e questo accade in tutti i partiti… Nel grande cambiamento nulla é cambiato e allora, un pò perché la crisi toglie tempo ai sogni , un pò perché tanto tutto é come prima molti, troppi sono rimasti a guardare, in attesa di tempi migliori.
Ecco forse Generazione Italia ha restituito quel sogno, quell’idea che la politica sia fatta dalle persone, dai cittadini, che chi governa paesi, città, regioni o stati sia lì per nostro mandato e non per sé , che davvero ogni singolo può contare e che molti singoli fanno un insieme che conta e decide, pare un assurdo dopo tanti anni di democrazia eppure ciò che mancava era la sensazione di poter davvero esercitare questo diritto a decidere del nostro domani.

Noi non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo né crediamo di avere la risposta ad ogni domanda, semplicemente ci impegniamo ad ascoltarci vicendevolmente, cerchiamo di ricondurre noi stessi prima che gli altri a comportamenti di buon senso e di rispetto comune, dando il giusto peso alle cose che accadono e cercando di dare il nostro contributo per offrire un domani migliore al nostro Paese, con dignità, rispetto reciproco ed un pò di sana umiltà, riconducendo tutto ad una parola oramai perduta : civiltà. Chiediamo a chi abbiamo contribuito a far eleggere di restituirci il rispetto e di ricordare sempre che noi abbiamo scelto perchè ci rappresenti, non viceversa, solo così torneremo ad essere un Paese normale e potremo riprendere a sognare un mondo migliore.

Giorgio Aldighieri

coordinatore provinciale Vicenza

Con Francesco Cossiga scompare il principale protagonista della politica italiana. Dei grandi personaggi che hanno attraversato la storia del Paese erano rimasti lui e Giulio Andreotti, ma Cossiga è stato molto di più, ha incarnato la politica italiana, attraversandola in tutte le sue pieghe.
Ho avuto il privilegio di conoscere il presidente Cossiga quando avevo 25 anni. Lui era da poco uscito dal Quirinale e in seguito alla separazione coniugale si era trasferito a casa dell’editore Pippo Marra a Via Principessa Clotilde 2, alle spalle di Piazza del Popolo. Sul pianerottolo c’era anche l’appartamento dove allora viveva il mio maestro Pinuccio Tatarella e la mattina all’alba mi presentavo con giornali e cornetti per una colazione collettiva che ha segnato la mia vita. Leggere i giornali insieme con due giganti della politica italiana è stata una fortuna unica, un privilegio che mi ha accompagnato e mi accompagnerà per sempre nella mia attività politica.
Cossiga oltre a essere l’unico politico italiano ad aver ricoperto tutti i più importanti incarichi politici e istituzionali ha anche e soprattutto cambiato la storia del Paese. Guidando di fatto “Gladio” è stato il custode della “guerra fredda” in Italia, ma finita quella fase ha saputo cavalcare immediatamente la spinta verso la modernità che veniva dagli italiani. All’inizio degli anni Novanta con le sue esternazioni apparentemente folli ha accelerato un cambiamento indispensabile per il Paese e ha evitato che questo avvenisse in maniera cruenta. Cossiga aveva capito prima e meglio di altri che la Prima Repubblica era implosa e dal Colle più alto ha accompagnato una trasformazione che poteva essere molto più complessa di quella che è stata.
Successivamente è andato oltre, sdoganando la destra e la sinistra, che nella logica della “guerra fredda” dovevano essere escluse dal gioco democratico. Prima chiese scusa al Msi-Dn per avergli attribuito responsabilità nella strage di Bologna e lo fece rivolgendosi proprio a Tatarella nel corso di un’audizione al Copaco, l’allora comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti. Fece di Fini il megafono delle sue esternazioni quirinalizie e gli consentì di essere protagonista della transizione tra la prima e la seconda Repubblica.
Poi portò D’Alema a Palazzo Chigi con un’operazione tutta politica e storica. Ricordo che il presidente emerito intervenne alla Conferenza programmatica di Alleanza nazionale a Verona del 1998 e andammo a trovarlo in albergo con Tatarella. Erano i giorni in cui stava lavorando per sostituire Prodi con D’Alema e Tatarella voleva convincerlo a desistere. Ci accolse con amicizia e garbo, ma stoppò Pinuccio con poche parole. Spiegò che era cosciente della enormità di quello che stava facendo, ma che l’Italia aveva bisogno di un comunista a Palazzo Chigi per chiudere definitivamente la ferita della guerra civile. Ci disse che dopo aver sdoganato Fini e il capo dei post-comunisti aveva svolto appieno la sua funzione. Tatarella capì che non c’erano margini e che l’operazione era tutta politica, sospettando peraltro che ci fosse lo zampino internazionale degli Stati Uniti con l’obiettivo di occidentalizzare definitivamente la sinistra italiana.
Negli anni successivi ho goduto dell’amicizia e della protezione di Cossiga, vivendo il privilegio di lunghi colloqui, telefonate affettuose e consigli preziosi. Qualche anno fa fui contattato da un ufficiale dei Carabinieri che mi avvisava dell’imminente consegna di una lettera da parte del Presidente. L’aprii e fui sorpreso, ancora la conservo incorniciata. Era su carta intestata del Presidente emerito della Repubblica, era titolata “editto cossighiano” e prevedeva da parte mia l’obbligo a dare il tu al Presidente in pubblico e in privato, il diritto a definirmi “cossighiano” e la facoltà di attivare le sue ire contro chiunque mi avesse attaccato politicamente. Un regalo immenso, un privilegio unico pensando al quale oggi non possono che sgorgare lacrime di dolore. Cossiga era così.
Ciao Presidente, grazie di tutto.